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Le “bugie” del Comitato Promotore Roma 2020

Errate le tesi di chi sostiene che le Olimpiadi siano una grande occasione per un Paese

Molti sostengono che le Olimpiadi rappresentano una grande occasione per aumentare i posti di lavoro, per fare ripartire l’economia del Paese e per richiamare il turismo nella città e nel Paese che le ospita, ma questa è una tesi che sino ad oggi si è rivelata errata.
Anzi in Italia, qualcuno ha persino sostenuto che le Olimpiadi si possono organizzare a costo zero.

POSTI DI LAVORO
Prendendo in considerazione la proiezione “Prometeia” secondo la quale i Giochi Olimpici a Roma «creerebbero 29 mila posti di lavoro nel 2020 e di 12 mila negli anni precedenti e successivi per un totale di 170 mila unità/anno di lavoro», bisogna precisare che questi dati non sono reali, perché alle Olimpiadi moderne non è associabile alcun valore di utilità sociale. A parte gli atleti che partecipano alle competizioni, le principali ricadute sul territorio sono rappresentate da cantieri necessari alla realizzazione delle strutture olimpiche e quelle corollarie ad esse.
Tali attività, hanno una durata limitata ai 3-4 anni precedenti l’olimpiade, e non garantiscono la nascita di un meccanismo che produce lavoro in modo continuativo nel tempo.

TURISMO
«La ricaduta turistico-pubblicitaria in generale, non è del tutto provata: non vi sono infatti studi che dimostrino con certezza che le località che hanno ospitato importanti eventi sportivi abbiano poi una netta crescita dei flussi turistici».
I vantaggi economici che un Paese organizzatore delle Olimpiadi può ricevere dal turismo, non hanno mai rispettato gli esiti sperati. Infatti, anche per le Olimpiadi di Roma 1960, il momento in cui si presero in esame i ricavi apportati ai Giochi da questo settore risultò che i ristoratori e gli albergatori avevano ricevuto benefici minori, rispetto alle aspettative provenienti dal gran flusso turistico, perché il “grosso dell’enorme introito, derivante dai turisti e dagli ospiti delle Olimpiadi è finito, per qualche tramite, in una cassetta di sicurezza all’interno del Vaticano”, cioè in uno Stato estero come scrisse all’epoca la “Pravda”.
Infatti, città come Roma, Atene, Pechino, non hanno bisogno di organizzare i Giochi Olimpici per incrementare il turismo; sono le stesse città con la loro storia e i loro monumenti ad incrementare il turismo: chi va a vedere i Giochi Olimpici è soprattutto un appassionato delle varie discipline sportive.
Anche in occasione delle Olimpiadi di Barcellona 1992 si volle giustificare l’organizzazione dell’evento con l’aumento dei turisti che vi sarebbe stato, ed invece a Barcellona, nei tre anni successivi ai Giochi, i turisti sono addirittura diminuiti.
Se poi il numero dei turisti è di nuovo cresciuto in quella città, nessuno ha mai collegato l’aumento con “la crescita complessiva della Spagna come destinazione dei flussi turistici”: comunque qualcuno, ancora oggi, si ostina sostenere che sono aumentati grazie ai Giochi del 1992.
In conclusione, i Giochi Olimpici del 1992, da tutti indicati come un modello da imitare nella realtà non lo sono assolutamente e, di questo, ne è anche complice una parte dei media, i quali hanno “voltato la testa dall’altra parte” ogni volta che avrebbero dovuto raccontare quale fosse la realtà in quella edizione dei Giochi.
“Con i Giochi Olimpici a Barcellona i costi delle abitazioni nuove e di quelle già esistenti sono cresciuti dal 1986 al 1992 rispettivamente del 240 e del 270%”.
Mai vi fu una crescita tanto elevata del mercato immobiliare, ed il merito fu delle Olimpiadi, che però crearono un aumento delle ineguaglianze tra i diversi strati della società; infatti per un cittadino di Barcellona è diventato sempre più difficile acquistare una casa di proprietà almeno subito dopo i Giochi Olimpici.
Le Olimpiadi di Torino 2006, sono state un flop, infatti, Organizzazione in ritardo, basso profilo, assenza di spirito Olimpico, minaccia di scioperi, biglietti invenduti, (senza calcolare quelli che sono stati dati in omaggio), camere d’albergo desolatamente vuote (si calcola che per Torino 2006, le stanze d’albergo invendute sono state almeno 2.500), e poca pubblicità, insomma si è verificata una scarsa affluenza di pubblico.
Nonostante ciò in Italia, i giornali hanno descritto le Olimpiadi di Torino 2006 come un’edizione di grande successo e ciò non fa che confermare che parte della stampa sia al servizio del potere politico, economico e sportivo e, talvolta, sia interessata soprattutto a curare i propri interessi.
Anche le Olimpiadi di Pechino, sono state un insuccesso per il turismo che si è rivelato molto al di sotto delle aspettative.
Infatti, il vice direttore del turismo a Pechino, Xiong Yuemi, ha dichiarato che solo il 45,5 delle camere degli hotel a 4 stelle è stato prenotato. Le prenotazioni negli alberghi a 3 stelle invece, sono stati al di sotto del 50%.
Mentre gli hotel a cinque stelle, prenotati in larga parte dai dirigenti dei Comitati Olimpici, dagli sponsor e dai delegati delle varie nazioni hanno raggiunto il 70% di occupazione.
Sino al 2005 a Pechino vi erano 548 hotel, in grado di ospitare ben 500 mila persone.
Nel 2008 gli alberghi sono aumentati sino ad 800 con un incremento della disponibilità dei posti letto sino ad un milione.
Per tutta la durata dei Giochi Olimpici, pur di attirare turisti, le catene alberghiere hanno ridotto le tariffe della stanze di albergo del 10% e del 20% ed anche del 30%, rispetto ai prezzi di maggio e giugno 2008.
A poco è valsa la riduzione dei prezzi delle camere d’albergo e le relative facilitazioni previste per i turisti che andavano a Pechino durante i Giochi; Pechino aspettava circa mezzo milione di turisti per il periodo olimpico dall’8 al 24 Agosto 2008, ma il numero è stato nettamente inferiore.
Un quarto delle prenotazioni effettuate da stranieri sono state annullate alla fine di maggio 2008.
A dare questi dati sono stati l’Asia News, l’Agenzia del pontificio Istituto Missioni Estere e Xu Xingdon, Istituto Tecnologico di Pechino.

ECONOMIA
Anche Pechino non è sfuggita alla cosiddetta “maledizione delle olimpiadi”, infatti, per i Paesi organizzatori dei Giochi, quasi sempre (invariabilmente) si verifica un triste epilogo.
A partire dai Giochi Olimpici di Melbourne 1956, Tokyo 1964, Los Angeles 1984, Seoul 1988, l’economia nazionale dopo le Olimpiadi ha avuto una brusca frenata.
Dopo le Olimpiadi di Barcellona 1992, in Spagna si è avuta perfino una forte recessione.
Dopo Sidney 2000 e Atene 2004, nelle rispettive nazioni si è avuta una frenata dell’economia dall’1,5% al 2%.
Delle undici olimpiadi che sono state organizzate dal 1956 ad oggi, solo l’edizione di Atlanta 1996, non ha prodotto un indebolimento dell’economia e della valuta della nazione organizzatrice dei Giochi.
Anche la Cina non è sfuggita a questa sorta di maledizione; per gli analisti finanziari i segnali erano ben chiari sin dai primi giorni dei Giochi, e cioè: agli ingenti investimenti nelle infrastrutture con i relativi effetti, anche nella aree più lontane da Pechino e sui consumatori e ad afflusso dei turisti (che in Cina è stato molto limitato), è seguito un periodo in cui tutti gli entusiasmi si sono man mano spenti.
Infatti, a partire dalle Olimpiadi dal 1956 “i tassi di crescita del PIL, dei beni capitali e degli investimenti totali, ha registrato una decelerazione rispettivamente del 4%, del 6% e del 10% dell’anno precedente i giochi a quello seguente”, così ha riferito ai giornali economici Stephen Jen di “Morgan Stanley”.
In Cina, è stata organizzata la più costosa Olimpiade della storia; infatti gli investimenti per le infrastrutture per i Giochi hanno raggiunto la somma di 40 miliardi di dollari, e cioè, il 14% del totale di Pechino e l’1 % del totale nazionale.
Bisogna anche tenere conto che l’economia in Cina è stata frenata dalla chiusura, durante il periodo olimpico, delle fabbriche più inquinanti di Pechino; il traffico è stato ridotto del 50%, sono stati decisi blackout a rotazione nelle province per evitare l’interruzione di elettricità nella capitale.
Il rallentamento economico nel paese è avvenuto anche perché la chiusura dei Giochi è capitata in un momento sbagliato per il Paese; infatti, negli ultimi sei mesi dall’inizio dei Giochi, le Borse cinesi hanno perso quasi il 50%: l’andamento del mercato immobiliare ha avuto una brusca frenata.
L’indice del PMI è diminuito del 50% mostrando una certa contrazione.
Gli investitori hanno iniziato a ritirare i capitali da tutta l’area asiatica che ruota attorno alla Cina, e cioè, Corea, India e Taiwan che, in fondo, rappresentano i mercati con più denaro contante e quindi sono quelli più a rischio.
La fine dei Giochi non ha fatto altro che peggiorare la situazione economica, a cui si è aggiunta la crisi delle province orientali che si affacciano sul mare.
L’interrogativo che molti si pongono, è se vale ancora la pena contribuire ad alleggerire le casse di un Paese, per realizzare un evento sportivo.
La realtà è che “il CIO, non ha retto il confronto con i processi sociali, culturali ed economici in atto e si è presentato inerme di fronte a loro.
Non ha saputo o potuto rispondere, con un apparato concettuale forte, perché il sistema de coubertiano non era stato aggiornato: esso è stato piuttosto imbalsamato, o respinto del tutto, il che è la medesima cosa».
Molti si potranno chiedere qual è il motivo o i vantaggi per cui le città e i paesi continuano a chiedere l’organizzazione delle Olimpiadi?
«La risposta è: il guadagno privato con investimento pubblico, public expense for private gain».
La dimensione dei Giochi è cresciuta sempre più e dietro questa crescita si muove una strategia politica-affaristica che punta molto alla costruzione di impianti e infrastrutture, il tutto però con i fondi pubblici.
Infatti, tutto ciò viene realizzato con l’aiuto della politica e dei media, sempre pronti a giustificare le grandi costruzioni con la ricaduta positiva sull’immagine internazionale del Paese organizzatore e sul maggiore afflusso di turismo in occasione dell’evento olimpico.
                      
                                                                               Dott. Avv. Pietro Mennea

 

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