Pietro Mennea e Tommie Smith.
In comune un record. E un pugno.
45 anni fa il 19″72 di Mennea di Lia Capizzi
È il 1968. Un 16enne di Barletta è davanti alla tv per vedere la finale dei 200 metri dei Giochi di Città del Messico, la meravigliosa falcata di Tommie Smith, il suo record del mondo (19″83), il suo pugno al cielo avvolto in un guanto nero, simbolo del Black Power, sul podio con il connazionale John Carlos medaglia d’argento. La protesta più silenziosa di sempre che però urla più forte di tutti.
Io voglio diventare forte come lui, sospira davanti al monitor in bianco e nero il piccolo Mennea. Che ama correre, che è il più veloce di tutta Barletta, che ha un aspetto apparentemente gracile. Devi mangiare più bistecche, gli intima il mitico allenatore Carlo Vittori la prima volta che se lo vede davanti. Non sapendo che il ragazzo mangia, eccome, si spazzola teglie intere della pasta al forno di mamma Vincenza!
Pietro a 18 anni si trasferisce a Formia. È un maniaco del lavoro, ossessionato dal sogno di raggiungere il suo mito Tommie Smith. Si allena 350 giorni all’anno. Anche a Natale, anche a Pasqua. Anche di nascosto. E se Vittori si incazza: Pietro basta! Non puoi allenarti così tanto!
Mennea risponde: io devo arrivare dove è arrivato lui. Indica il poster di Smith sopra il suo letto.
Per gareggiare alle Universiadi di Città del Messico 1979 anche Mennea deve sfoderare un pugno. Un pugno duro da sbattere in faccia ai dirigenti italiani che volevano mandarlo a gareggiare in Coppa del Mondo a Montreal.
Per sbloccare la situazione interviene Giampiero Boniperti che convince Primo Nebiolo, presidente Federazione Atletica.
Ecco qui. L’ appuntamento che aspetta da 11 anni. Sulla stessa pista in cui il 14 ottobre 1968 Tommie Smith corse in 19″83.
12 settembre 1979. Sono le 15:15 (le 23:15 in Italia). Pietro scatta dalla quarta corsia. Corre i primi 100 metri in 10″34. Ma sono i suoi secondi 100 metri fenomal: cronometrati in 9″38 (!)
PIETRO MENNEA (ITA) 19″72
RECORD DEL MONDO
💥
Adesso anche io sono un primatista del mondo, un ragazzo del Sud senza piste oggi è riuscito a fare il record del mondo. Io sono partito con umiltà ed è venuto fuori questo record
Nella sua mente aggiorna il calcolo dei giorni, da 11 anni con una X immaginaria segna il calendario dei pensieri.
Ci ho messo 3950 giorni di lavoro per questo record, 8mila ore di allenamento, minimo 5 ore al giorno, 528 gare di cui 419 individuali e 109 staffette. I numeri di una ossessione divenuta realtà.
Mesi dopo a Las Vegas incontra Muhammad Alì: e tu saresti l’uomo più veloce del mondo? Ma se sei un bianco!
Mennea risponde al più grande di tutti: io dentro sono più nero di te!
Pietro Mennea, la Freccia del Sud, è stato tante cose. Soprattutto un simbolo di lavoro, determinazione, sofferenza. E di cura nel sostenere i diritti degli atleti. A costo di diventare scontroso. Nel suo post agonismo è stato considerato spesso un rompiscatole, con le sue 4 Lauree non era facile da intortare, era più comodo metterlo ai margini. Le sue idee per far crescere lo sport italiano, per combattere il doping, per tutelare gli atleti, cozzavano con i tornaconti e i personalismi dei dirigenti.
Pietro, Tommie, e la similitudine di essere contro. Contro il sistema. Le lotte di Smith per la difesa dei diritti degli afroamericani. Le lotte di Mennea per la giustizia e per lo sport.
Il suo 19″72 resiste per 17 anni come record del Mondo. Nel giugno 1996 Michael Johnson lo abbassa a 19″66 e due mesi dopo in 19″32 (Atlanta 96).
Nel 2009 Usain Bolt lo sbriciola: 19″19.
Ma il 19″72 di Mennea è tuttora il primato europeo.
A 45 anni di distanza.
Quattro cifre a mo’ di filastrocca 1-9-7-2
Un nome-cognome che nel 1979 diventa familiare in tutto il mondo. Come un Valentino Rossi o un Jannik Sinner. Quando però non c’erano social e Reel. La memoria rischia di indebolirsi? Ecco perchè il record di Pietro Mennea deve essere raccontato. Tramandato. Con riconoscenza
12 settembre, il #MenneaDay
Per sempre