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Convegno sul doping nello sport

Convegno sul doping nello sport

Il 14 marzo 2007, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata, si è tenuto il Secondo Convegno sul Doping nello Sport organizzato da Lazio Family. Il Convegno ha registrato un successo grandioso con l’Aula strapiena, tanto che sono state portate sedie aggiuntive per consentire a quasi tutti di essere seduti e il gradimento dei partecipanti è stato espresso in molteplici occasioni.

Al Convegno sono intervenuti molti studenti e professori dell’Università, atleti, dirigenti e medici sportivi.

I lavori sono stati aperti da Paolo Lenzi, Presidente di Lazio Family, la struttura che, da un lato, ha l’obiettivo di aggregare la grande Famiglia di persone che si riconoscono nei colori della Lazio, intesa come Società Polisportiva; dall’altro lato, vuole svolgere un ruolo sociale promuovendo la diffusione della cultura e dell’etica nello sport considerando quanto l’educazione sportiva è fondamentale per la vita: insegna a non arrendersi, ad insistere con determinazione per raggiungere con mezzi leciti il risultato, sempre con il massimo rispetto per l’avversario.

Stefano Balsamo, Managing Director della JP Morgan ha svolto il ruolo di Moderatore, con il consueto piglio e la nota professionalità.

La prima relazione è stata quella di Sergio Rizzo, Vice Direttore del Corriere dello Sport Stadio, autore del libro “Bioetica e Sport”. Rizzo, che da anni si occupa dei problemi del doping nello sport, ha sostenuto la necessità di ripensare l’intero sistema della lotta al doping e ha proposto la legge sulla sperimentazione, riconoscendo gli atleti come soggetti deboli, da difendere, come volontari della sperimentazione scientifica. Partendo dal famigerato Processo di Norimberga, dove furono condannati i medici nazisti che avevano usato uomini e prigionieri come cavie per esperimenti selvaggi, Rizzo approda a quello che dovrebbe essere il nuovo ruolo della bioetica nella lotta al doping: uno strumento per impedire che sull’atleta si compia lo scempio che è sotto gli occhi di tutti, riducendo l’uomo a cavia senza anima per le sostanze e le pratiche più raccapriccianti e dannose.

Francesco Botrè, Presidente del WAADS e Responsabile del Laboratorio Antidoping di Roma, il Laboratorio riaperto sotto la sua guida dopo gli scandali che avevano portato alla chiusura nel 1998. Botrè ha spiegato il ruolo, la funzione e le responsabilità dei laboratori accreditati nelle strategie di controllo antidoping ed ha ricordato come, nella contrapposizione tra chi combatte il doping e chi lo procura, questi ultimi siano avvantaggiati dalla conoscenza delle attività di chi li combatte che, viceversa, devono scoprire le pratiche sempre nuove inventate dagli avversari. Ha ricordato come il freno a doparsi non deve essere la paura di danni fisici irreversibili o della morte, ma un problema culturale: ci si deve convincere che doparsi è barare.

Pino Capua, Presidente della Commissione Antidoping FIGC, ha ribadito la necessità di lavorare culturalmente per far capire che il doping è una frode e che i danni che procura la tossicodipendenza sono enormi nella vita sociale di tutti noi. Nel suo appassionato intervento ha manifestato il proprio dissenso (sottolineato da un applauso di condivisione da parte dell’uditorio) di fronte alla iniziativa del Governo che pensa di estendere l’uso consentito di droghe. Ha infine ricordato i gravi problemi degli sportivi che lasciano l’attività agonistica per propri motivi o per provvedimenti di espulsione e che finiscono per ritrovarsi privi di controlli e di assistenza e che divengono così soggetti ancor più a rischio.

Cesare Cursi, Senatore della Repubblica, Vice Presidente della 12a Commissione Permanente di Igiene e Sanità del Senato, già Sottosegretario al Ministero della Salute con delega per le attività antidoping nel precedente Governo, ha ricordato l’importanza della Legge 376/2000 sulla tutela della salute, con la previsione di sanzioni penali per chi la viola. Ha anche ricordato i numerosi tentativi di depenalizzazione, tra cui quello operato in occasione delle Olimpiadi Invernali di Torino per le quali si voleva apportare una deroga alla norma penale per gli atleti partecipanti, così da renderli non sanzionabili penalmente in caso di doping. Cursi ha ricordato l’importanza della elencazione delle sostanze dopanti e affini da lui fortemente voluta e introdotta dal novembre 2002; ha anche ricordato come da quel momento è obbligatorio esporre la parola doping sui medicinali che contengono sostanze dopanti, in modo da togliere ogni alibi a chi sostiene di aver ingerito sostanze di cui non conosceva le caratteristiche. Dopo aver sottolineato la necessità della terzietà dei soggetti preposti ai controlli, Cursi ha soprattutto sottolineato l’importanza di difendere gli sport minori perché sono quelli meno protetti ed ha ribadito la necessità di continuare la pratica da lui avviata di iniziative nel mondo della scuola con medici sportivi e testimonial per far capire ai giovani la necessità di attività sportive sane. Ha concluso il suo intervento riaffermando la sua posizione a difesa dello sport vero e dalla parte dei giovani.

Roberto Pessi, Professore Ordinario di Diritto del Lavoro presso la LUISS e l’Università Tor Vergata, Vice Presidente della Società Sportiva Lazio e Presidente della Sezione Lazio Pallamano, ha riportato il discorso sul piano giuridico sostenendo la necessità di ripensare le regole dello sport per ridargli quel pathos che sovente non c’è più ed ha proposto regole come l’ handicap che si applica nel golf per rendere competitiva la gara anche tra giocatori di diverso livello. Pessi ha fatto propria la recente proposta provocatoria del Ministro Amato di effettuare i test antidoping agli studenti, costringendoli a ripetere l’esame nei casi di positività. Da esperto di diritto del lavoro, Pessi ha concluso il suo intervento con una affermazione colorita ma efficace: “se si adottasse la sanzione automatica del licenziamento da parte del datore di lavoro a chi passa al semaforo con il rosso, queste violazioni non ci sarebbero più”.

E’ stata poi la volta di Pietro Mennea, avvocato, dottore commercialista, plurilaureato, ex Parlamentare Europeo, ma soprattutto longevo campione di atletica leggera, medaglia d’oro sui 200 metri alle Olimpiadi di Mosca del 1980 e a lungo detentore del record mondiale sulla distanza. Mennea ha ricordato con orgoglio come lui riusciva a battere anche atleti di cui fu poi scoperta la positività ai controlli antidoping, segno che si può vincere anche senza ricorrere a pratiche illecite. Mennea ha anche ricordato l’organizzazione ed il funzionamento della WADA e degli altri organismi preposti ai controlli antidoping. Ha sostenuto come la struttura sportiva da sola non può vincere ed ha bisogno di norme penali specifiche. Ha ricordato le forti lobbies che si oppongono a queste iniziative ed ha ricordato come solo 4 Stati (Francia, Italia, Danimarca e, dall’aprile prossimo, Spagna) su 27 aderenti all’Unione Europea hanno introdotto norme penali. Mennea ha concluso il suo intervento ricordando che lo sport deve contribuire al miglioramento della salute ed essere scuola di vita.

Antonio Lombardo, Presidente del Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università di Tor Vergata, dopo aver portato il saluto del Magnifico Rettore dell’Università e del Preside della Facoltà di Medicina, ha ricordato le numerose iniziative dell’Università in campo sportivo ed etico. Ha ricordato il Premio Tor Vergata Etica nello Sport, giunto alle sesta edizione, che ha premiato sportivi come Damiano Tommasi e Zdenek Zeman, ha ricordato la Polisportiva dell’Ateneo e la squadra di calcio a 5 che milita nel campionato di serie B con buoni risultati sportivi e senza ricorso a sostanze dopanti. Lombardo ha sostenuto la necessità di interventi forti da parte dello Stato per una riforma della scuola che riorganizzi la pratica sportiva nell’ambito scolastico, promuovendo l’associazionismo sportivo nella scuola così raro nel panorama italiano.

Il Giudice Raffaele Guariniello, Procuratore Aggiunto alla Procura della Repubblica di Torino, autore di numerose inchieste nel mondo dello sport, ha ricordato come, all’inizio della prima grande inchiesta sul doping nel calcio, avesse ottenuto ampie assicurazioni dalle massime autorità sportive della assenza di uso di anabolizzanti; le indagini successive accertarono che gli anabolizzanti non venivano trovati semplicemente perché non rientravano tra le sostanze da ricercare. E, alla riapertura del Laboratorio Antidoping dopo lo scandalo, cominciò ad essere scoperto l’uso di sostanze dopanti come il nandrolone. Guariniello ha ricordato che ancora oggi sono in vendita nelle farmacie, nei supermercati o addirittura su internet, prodotti definiti integratori alimentari che in realtà contengono sostanze anabolizzanti ed ha sostenuto la necessità di atteggiamenti estremamente duri. Una notte di perquisizioni a Torino ha portato a scoprire quello che migliaia di analisi non avevano scoperto. Il doping non può essere combattuto solo con il prelievo e l’analisi di campioni di sangue e di urine: “piaccia o non piaccia occorre perquisire, sequestrare, intercettare conversazioni telefoniche”.

Dopo le relazioni dei Relatori sono intervenuti vari studenti che hanno posto domande ai Relatori. Non poteva mancare un richiamo alla vicenda di Marco Pantani. Sergio Rizzo, ribadendo quanto ampiamente descritto nel suo libro “Bioetica e Sport”, ha ricordato come Pantani sia un tipico caso di un atleta vittima del sistema e ucciso dal sistema.

Sono poi intervenuti con importanti contributi Roberto Bonomi, allenatore di velocisti di atletica leggera, Antonio Urso della Federazione Pesistica e Ivo Mazzucchelli, nutrizionista delle squadre nazionali di rugby, al quale sono andati i sentiti applausi dei partecipanti sia per i successi della Nazionale Italiana di Rugby, sia per aver ricordato come tra i suoi atleti ce ne sia uno che prende solo puri integratori e uno che non usa neppure quelli.

Roberta Pappatà
Responsabile Coordinamento e Sviluppo di Lazio Family

Roma, 14 marzo 2007

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