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Un business per la mafia e le aziende farmaceutiche

Un business per la mafia e le aziende farmaceutiche

La notizia è di quelle sconvolgenti, eppure la voce non sembra palesare la minima sorpresa, quasi se lo aspettasse. Lui, Pietro Mennea, “la freccia del sud”, un passato tra i grandi dell’atletica e un presente da avvocato, docente di diritto dello sport e grande conoscitore delle tematiche legate al doping, non sembra affatto stupito nell’apprendere della positività di Riccardo Riccò all’Epo di ultima generazione. “Il doping è una piaga non solo sportiva – esordisce con tono severo – ma anche sociale, che non verrà mai debellata. Questo ennesimo caso dimostra soltanto che non bisogna abbassare la guardia. Chi fa uso di sostanze illecite fa del male allo sport ma, prima di tutto, a se stesso, e deve essere isolato dalla collettività”.
Sappiamo che la legge penale francese è rigorosa. A cosa va incontro, secondo lei, Riccò?
In Francia la legge ordinaria è assai severa. Riccò rischia grosso.
Perchè i tanti illeciti scoperti non scoraggiano l’utilizzo di sostanze dopanti?
Perchè la tentazione è forte. Vincere fa guadagnare, ti fa arrivare nell’elite dello sport. Però dovremmo dire alla gente che senza l’uso di sostanze dopanti molti atleti non sarebbero mai stati campioni.
Crede che ci sia accanimento contro il ciclismo?
No, io penso che sia uno sport che comporta notevoli sforzi fisici, dove gli atleti devono sempre andare “a manetta” e, se non ti aiuti, questo non è fisiologicamente possibile.
Ma ritiene che la lotta al doping stia viaggiando nella giusta direzione?
Non credo nel lavoro degli organismi sportivi, perchè non hanno gli strumenti adatti. Oggi solo la magistratura può garantire risultati importanti.
Anche secondo lei dietro al traffico di doping c’è la criminalità organizzata?
La mafia russa, quella cinese, quella giapponese e quella italo-americana hanno allargato il loro giro d’affari a questo settore, perchè garantisce loro soldi “sicuri”: un atleta dà maggiori garanzie di pagamento rispetto ad un qualunque drogato. In alcuni paesi il commercio di sostanze dopanti ha raggiunto livelli sorprendenti.
Quali responsabilità hanno le case farmaceutiche?
Tantissime. Dovrebbero produrre farmaci in base alle patologie e al fabbisogno, invece ne producono in quantità superiori e gran parte di quelle sostanze vanno a finire nel mondo dello sport. Tutto per ragioni economiche.

Emiliano Albensi

Articolo pubblicato su DNews del 18 luglio 2008

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